Uno, nessuno e centomila è uno dei romanzi più significativi di Luigi Pirandello e rappresenta una profonda riflessione sull'identità e sulla frammentazione dell'io. La vicenda prende avvio da un episodio apparentemente banale: Vitangelo Moscarda scopre, grazie a un'osservazione casuale della moglie, che il suo naso pende leggermente verso destra. Da questa rivelazione nasce una crisi radicale, perché il protagonista comprende di non essere, per gli altri, l'unica persona che credeva di essere.
Il romanzo segue il percorso di Moscarda nel tentativo di distruggere le immagini che gli altri hanno costruito di lui. Ogni gesto, ogni parola genera una nuova maschera, una nuova versione di sé, diversa a seconda dello sguardo altrui. Moscarda scopre così di essere "uno" per se stesso, "centomila" per gli altri e, in definitiva, "nessuno", perché nessuna di queste identità coincide con una verità stabile e definitiva. La narrazione mette in scena il conflitto tra vita e forma, tema centrale del pensiero pirandelliano.
Attraverso situazioni paradossali e un tono spesso ironico, Pirandello mostra come l'identità personale sia una costruzione fragile, continuamente deformata dalle convenzioni sociali e dal giudizio degli altri. Il protagonista arriva a rifiutare ogni ruolo sociale, cercando una libertà assoluta che passa attraverso la rinuncia all'io fisso e alla logica dell'apparenza. Il romanzo diventa così un'indagine filosofica sull'impossibilità di possedere una identità autentica e definitiva.
Luigi Pirandello (1867–1936), premio Nobel per la Letteratura nel 1934, è uno dei maggiori innovatori della narrativa e del teatro del Novecento. Nelle sue opere esplora il relativismo della verità, la crisi dell'io e il contrasto tra realtà e rappresentazione. Uno, nessuno e centomila è considerato il punto più estremo della sua riflessione sull'identità, e uno dei testi fondamentali della letteratura moderna.